Sommario Contenuto
Le graziose costruzioni in pietra della campagna salentina
Divenuti famosi in tutto il mondo ed entrati nel Patrimonio Unesco, i trulli di Alberobello rappresentano il simbolo della Puglia rurale e più autentica.
Queste graziose casette dal tetto conico si trovano principalmente nel territorio della Valle d’Itria ed anche oltre. Scendendo verso le serre salentine fino al capo di Leuca invece, si incontra un altro tipo di struttura leggermente diversa dal trullo ma altrettanto particolare.
Nel Salento, infatti, i trulli sono le pajare. In comune con quelli di Alberobello hanno la tecnica nella costruzione che è completamente realizzata a secco.
Probabilmente la pajara è il frutto di un’elaborazione di ben più antichi edifici che contadini ed agricoltori erigevano nei campi tra un possedimento e l’altro.
Un esempio di come la genialità contadina nei secoli ha elaborato il metodo per spietrare terreno e guadagnare pezzi preziosi di terra fertile da coltivare.
La costruzione dei muretti a secco nasce proprio da questa necessità oltre che di voler segnare un confine tra terrazzamenti garantendo anche il drenaggio dell’acqua.
Nella terra del vento e dell’aridità perenne, la forma del muretto era strutturata in modo proteggere i raccolti ed a raccogliere quanta più umidità possibile.
Anche le pajare rispondevano a particolari esigenze legate ai lavori della campagna con una capacità di utilizzare le scarse risorse che il territorio offriva. Nel tempo la tecnica costruttiva si è evoluta da rendere questi edifici efficaci per l’uso a cui erano destinati ed anche eleganti.
Infatti, chi visita la Puglia oggi rimane incantato dalla loro bellezza e dormire in una pajara durante le vacanze è sempre un’emozione!
Le pajare del Salento, esempio antico di bioedilizia
La pajara del Salento rappresenta il modo più efficace di costruire un edificio in pietra completamente “a secco”. La sua struttura è composta da due perimetri di muro circolare, le cui pietre sono sovrapposte senza l’uso di calce o malta. Si formano due file parallele lungo il perimetro lasciando tra loro un’intercapedine a sua volta riempita con terra e sassi più piccoli.
Al pari di quelle del trullo, anche le pareti della pajara salentina mano a mano si assottigliano in cerchi concentrici sempre più piccoli. Alla fine la volta si chiude cn un oblò coperto da una lastra di pietra a forma di cerchio.
La pianta di una pajara può essere sia circolare che quadrata ed il suo ingresso è basso. Una pietra in orizzontale funge da architrave per la porta ed una scala sale a spirale sul muro perimetrale esterno.
La scala esterna, strumento indispensabile durante la fase della edificazione, serviva per accedere al terrazzo circolare della paiara ideale per deporre i fichi ed altre verdure da essiccare.
Grazie all’intercapedine riempita di sassi e terra le pajare godevano di un buon sistema di isolamento termico, fresche d’estate e calde di inverno. Anche la sommità era ulteriormente isolata con uno strato di pietre, terra e fango essiccato che rendeva impermeabile alle piogge la costruzione.
All’interno della pajara si viveva, si dormiva su tavolacci in legno o in pietra, o su sacchi riempiti di foglie, di granoturco per esempio. Una vita semplice, povera e a stretto contatto con la natura.
La moderna bioedilizia celebra questa antica modalità di costruire per le sue caratteristiche di essere in totale sintonia ed armonia paesaggistica con il territorio. Anche per il suo sapiente utilizzo delle scarse e difficili risorse del territorio: la pietra come unico elemento costruttivo e non solo. Anche la capacità di saper utilizzare materiali di scarto della lavorazione (sassi e terra) per un loro impiego intelligente ed utile.
Il piccolo mondo antico della pajara in Salento
La costruzione della pajara nelle campagne del Salento rispondeva quindi a diverse esigenze. Spietrare le pietre dalla terra voleva dire poter coltivare anche in fazzoletti minuscoli di terreno. Ogni pezzo di “macchia” poteva dare i suoi frutti: si seminava l’orzo, il cotone, il foraggio per gli animali e così via. E coltivare voleva dire anche dover passare molto tempo all’interno di un podere.
I muretti segnavano i confini ma anche i terrazzamenti per terreni in pendenza, la paiara serviva per abitarci, per il ricovero degli animali, per il deposito degli attrezzi.
Per questo motivo quando i contadini ebbero la possibilità di avere una loro terra, la pajara rappresentava il punto di partenza per la nascita della loro piccola economia agricola.
Quindi le famiglie vi si trasferivano già in primavera per iniziare le colture e la pulizia del terreno dalle erbacce. Ci si spostava dalla casa del paese insieme a bambini ed anziani, animali da cortile, cavallo e mucca (chi li possedeva).
Nei pressi della pajara e perfettamente conservati sino ad oggi, si possono ancora notare altri ambienti che facevano parte del vivere quotidiano. Il forno per cuocere il pane, la curte per il ricovero delle galline, la pajaredda per le capre. Molto spesso si trovavano anche le arnie in pietra per la raccolta del miele tutto intorno le rigogliose piante di malva con la loro riserva preziosissima di nettare.
Un altro ambiente particolarmente suggestivo e che spesso arricchiva le pajare era il cosiddetto Mbracchio, una sorta di open space collegato ovviamente all’ingresso della pajara. Il pavimento in basolato o terra battuta, camino interno, la capretta dove servire l’unico piatto di portata o aprire l’enorme anguria negli assolati pomeriggi estivi.
Tutto intorno la tipica vegetazione salentina: il rosmarino, l’alloro, il mirto, il cotogno, il pero, l’albicocca, il nespolo, i fichi, i melograni, gli ulivi. Fino all’estate inoltrata c’era cibo e lavoro per tutti, grandi e piccini. Dalla mietitura del grano alla raccolta dei pomodori, le conserve per l’inverno. Al sole dell’estate si essiccavano i fichi, fonte di sostentamento importante nel commercio familiare, ma anche pomodori e zucchine.
Si lasciava la pajara e le Macchie (il terreno) dopo aver ultimato le semine dell’inverno.
Insomma un Piccolo mondo antico tutto da scoprire tra le grigie pietre della campagna salentina.
Dove dormire in una pajara in Puglia?
Tra gli ulivi o circondate dalla macchia mediterranea, sui terrazzamenti vista mare o sperdute nel silenzio della campagna, le paiare nel Salento sono numerosissime. A volte si mimetizzano con il grigio della roccia che affiora tra timo e rosmarino da sembrare ( a volte solo sono) abbandonate al loro destino.
Dipinte di bianco come un tempo, le paiare dove oggi si può alloggiare durante la vacanza, completamente ristrutturate, rappresentano la destinazione ideale per gli amanti del turismo rurale. Dotate di ogni confort moderno, le pajare salentine infatti costituiscono una valida alternativa all’appartamento in affitto o alla villa vacanza.
E’ sempre più comune infatti trovare soluzioni in BeB o ville vacanza con camere ricavate da una pajara. Anche le Liame in Salento sono state in gran parte recuperate. A differenza della pajara, la liama ha una base rettangolare con pareti spioventi ed il tetto a botte con un ingresso non molto grande. Costruita anch’essa con pietra a secco, internamente veniva suddiviso da una tenda in tela orizzontale.
Dormire in un trullo o paiara o liama che sia, è un’esperienza ricca di emozione. Le strutture infatti risultano essere molto fresche d’estate e spesso conservano la magia e la bellezza di un tempo. Molti trulli in affitto per vacanze sono dotati di spazio esterno con pergolato, piscina e solarium. Altri conservano l’atmosfera semplice di un tempo con i confort moderni.